Capacità essenziale per la gestione delle aziende, eclettica nella sua forma e declinabile a seconda delle situazioni e delle persone: questa è la leadership.
Saper guidare gli altri verso gli obiettivi da raggiungere è un elemento essenziale non solo per chi ricopre ruoli apicali nelle organizzazioni ma, in generale, per chiunque agisca al loro interno. Proprio per questo, per un numero sempre maggiore di persone, diventa rilevante capire che cosa vuol dire essere leader e come esserlo.
La leadership si può attivare, allenare, sviluppare: su Harvard Business Review, ce lo confermano Hitendra Wadhwa (nell’articolo “Leading in the Flow of Work”) e Nitin Nohria (nell’articolo “Leaders must React”).
Proprio con l’intenzione di innescare delle riflessioni costruttive relative al potenziale di ciascuno di essere leader, in questo articolo Claudia Poli* e Stefano Maberino** condividono delle considerazioni che hanno sviluppato sulla leadership.
L’innesco è nella collettività
La collaborazione è, ad oggi, uno degli elementi chiave per riuscire ad ottenere i risultati desiderati in tempi rapidi. Saper guidare un gruppo verso il raggiungimento di un obiettivo comune è, dunque, fondamentale.
Ed è proprio nel gruppo e nell’interazione con gli altri che la leadership si esprime.
Claudia lo specifica: pur essendo capacità dell’individuo, la leadership trova una sua realizzazione solo nella dimensione relazionale. Una persona può avere un approccio da leader. Tuttavia, in mancanza della possibilità di mettere in pratica la leadership nella relazione con altri individui, questa rimane inespressa.
Ciò che ci si chiede, dunque, è quanto l’interazione con gli altri possa far evolvere e modificare lo stile di leadership di ciascuno di noi.
L’attivazione è modulata a seconda dei contesti
Un leader attiva la sua capacità di guidare il gruppo in base al contesto in cui si trova, alla situazione che si presenta in quel momento, alla tipologia di persone con cui interagisce.
La letteratura di management mostra come ci siano tanti stili di leadership diversi, e come un leader possa mettere in gioco una serie di comportamenti oggi, ma utilizzarne di diversi domani, in base alle caratteristiche della situazione.
L’esperienza di Claudia e Stefano lo conferma: nel corso del tempo, un individuo può non solo maturare diverse modalità di leadership. Può anche scoprire e imparare ad attivare approcci di leadership differenti a seconda dei contesti e delle situazioni.
Per questo il leader deve essere capace di “leggere” la situazione in cui si trova. Di conseguenza, sceglie lo stile di leadership da mettere in campo. Infine, lo attiva e lo esercita fin tanto che quel contesto continua a presentare determinate caratteristiche.
Alla base ci sono visione chiara e comunicazione
Su quali pilastri si basa la leadership? Per Claudia e Stefano sono due quelli fondamentali, quelli senza i quali un individuo non può essere leader.
Sapere chiaramente qual è la strada da percorrere
La leadership, per Stefano, implica avere idee chiare su dove si vuole andare con il proprio gruppo. Il leader ha quella capacità di guardare avanti e identificare quale sia la strada che deve essere percorsa. Così facendo, stabilisce la rotta da seguire.
Questa visione deve essere così chiara che anche per i collaboratori e i colleghi del leader sia possibile visualizzarla. È proprio per questo che l’idea della direzione da prendere non può rimanere solo nella mente del leader. Il leader deve saper trasferire quella visione ai suoi collaboratori. Deve riuscire a far sì che anche gli altri ci credano e che quindi si impegnino a percorrerla.
Saper comunicare
Di conseguenza, per Claudia e Stefano, la capacità di comunicare è imprescindibile per chi esercita la leadership.
La comunicazione è biunivoca. Tutto parte dall’ascolto, suggerisce Stefano. Il leader deve aprire e mantenere attivi quei canali differenziati attraverso i quali le persone possono far circolare diversi tipi di informazioni. Poi, il leader colleziona queste informazioni, le rielabora e le traduce in modo tale da renderle fruibili.
Comunicare è l’azione che permette di far arrivare agli attori organizzativi le informazioni di cui necessitano per svolgere il loro lavoro in linea con quella che è la strada definita.
Voler essere leader e comportarsi come tale
La domanda da porsi, dice Claudia, è: voglio essere leader? Non tutti risponderebbero positivamente a questa domanda. Fra le altre ragioni, questa perplessità può emergere a causa di alcuni equivoci.
Nell’immaginario comune, spesso, quando si dice “leadership” si pensa ad un prototipo di leader e, non sempre, ci si riconosce in quello. Ma esistono diversi modi di essere leader e ognuno può trovare la sua “cifra”. La domanda allora diventa: che leader voglio essere?
Un secondo freno alla volontà di essere leader può essere rappresentato dall’idea che o si è leader sempre o non lo si è mai. La leadership, invece, è una capacità che si può utilizzare o meno. Ci sono delle circostanze in cui un individuo si può sentire di “prendere in mano” la situazione, e altre in cui può scegliere di lasciare la guida a qualcun altro. Perché no? Perché non darsi la possibilità di mettersi in gioco solo quando lo si ritiene opportuno?
Voler essere leader, quindi, non implica rispondere a canoni già precostituiti e non significa assumere questo ruolo in ogni circostanza.
Una volta che si è determinato che si vuole essere leader, è necessario comprendere che quella del leader non è un’etichetta da mettersi, specifica Claudia. Per esercitare una leadership di qualità, ciò che è necessario fare è agire come un leader!
Ci si comporta da leader, secondo Claudia, quando non si mette davanti il proprio io, ma si dà spazio alle persone per fare e crescere assieme. Questo implica saper fare un passo indietro quando è necessario. Implica esserci, senza esserci troppo. Implica far sperimentare agli altri tutto il potenziale del loro perimetro d’azione.
La gerarchia legittima, ma non è sufficiente
Il ruolo gerarchico legittima un individuo ad esercitare la leadership.
Tuttavia, Claudia e Stefano lo specificano con chiarezza:
- Essere al vertice gerarchico non implica di default essere leader;
- Non essere all’apice della gerarchia non impedisce di essere leader.
Essere al vertice ed essere leader?
Da chi è Chief Executive Officer (CEO) ci si aspetta leadership.
Purtroppo, non è sempre così, rileva Stefano.
È altamente probabile che gli imprenditori di prima generazione siano dei leader. Sono loro che hanno creato l’azienda, che l’hanno portata ad avere la posizione di mercato che ha e proprio per questo rivestono il ruolo di chi guida e motiva le persone in azienda. Ma, in caso di passaggio generazionale, non si può dare per scontato che il nuovo CEO abbia leadership o che riesca ad esprimere questa capacità.
Ecco perché, dicono Claudia e Stefano, ricoprire un ruolo apicale in azienda non implica necessariamente esserne il leader. Proprio per questo, per chi ha questi ruoli, è utile coltivare questa capacità e capire come metterla in pratica nei confronti dei propri collaboratori.
Non essere al vertice ed essere leader?
D’altro canto, sia Claudia che Stefano invitano a riflettere su come, per chiunque, all’interno dell’organizzazione, a prescindere dal ruolo gerarchico, sviluppare la capacità di leadership possa rappresentare un’opportunità.
Nel contesto lavorativo, la gestione è declinata su più livelli ed è orientata al raggiungimento di obiettivi più o meno complessi. Per questo, può essere utile allenare la capacità di leadership anche se non si è un C-level.
Essere leader oggi
Dato che la leadership dipende dal contesto in cui viene esercitata e che il contesto di oggi è diverso da quello di ieri, anche le modalità in cui un individuo è leader nelle organizzazioni è cambiata.
Stefano riconosce due aspetti che sono particolarmente mutati nel corso degli anni e che hanno avuto un impatto sull’esercizio della leadership:
- le nuove modalità di comunicazione, sia in termini di mezzi che di forma, influenzano le strategie che un leader può adottare per essere efficace;
- l’aumento della velocità con cui accadono gli eventi costringe il leader a tenere un passo più sostenuto per stare al ritmo con quello che succede sia fuori che dentro i confini dell’organizzazione.
Prima dell’avvento dei social media si potevano adottare modelli organizzativi e decisionali molto gerarchici. Oggi, invece, la velocità degli eventi e, soprattutto, l’aspettativa del mercato di avere risposte sempre più rapide dalle aziende spingono l’adozione di modelli organizzativi più “piatti”. Di conseguenza, il potere decisionale di chi è ai livelli più bassi nell’organizzazione aumenta, suggerisce Stefano. Questo innesca una maggiore condivisione a tutti i livelli, e la formazione di una squadra più compatta.
Il risultato è che, oggi, l’importanza che viene attribuita alla leadership è maggiore e sempre più persone nelle aziende vorrebbero agire da leader. Ma, molte di queste faticano a comprendere cosa questo davvero comporti e quali competenze siano necessarie.
Ecco perché manager efficaci nell’esercitare la leadership e capaci di essere volano dei valori aziendali sono sempre più ricercati e centrali.
Leadership e Temporary Management
Chi svolge la professione di temporary manager sviluppa dei progetti che inevitabilmente cambiano lo status quo delle organizzazioni. Per questo, il temporary manager deve assumere il ruolo di leader del cambiamento.
Il temporary manager approccia la leadership a due livelli diversi e con due obiettivi differenti.
Esercitare la leadership
ll ruolo del temporary manager è proprio quello di guida: deve condurre un gruppo verso l’ottenimento di certi risultati e obiettivi.
Il temporary manager che esercita leadership può giocare in campo come il capitano per poi ricoprire il ruolo di allenatore di una squadra, secondo Claudia. Gioca per essere d’esempio ma poi fa giocare e prepara le persone a farlo nel modo migliore; non è sempre in campo, ma sta anche ai lati. Questa è la posizione giusta per analizzare e sviluppare schemi di gioco vincenti. Essendo fuori campo, continua Claudia, il temporary manager ha una vista non condizionata dalla fatica della partita ed entra solo quando deve essere di esempio e per rifocalizzare le persone.
Non è immediato, però, esercitare la leadership in un’azienda in cui si è entrati da poco. Come farlo? Secondo Stefano, la risposta a questa domanda sta nel parlare con le persone in azienda e stabilire un rapporto personale. È così che il temporary manager getta le basi per essere leader.
Dopodiché è fondamentale portare avanti il cambiamento attraverso metodologie inclusive. Il team dell’azienda cliente va reso partecipe delle scelte. Il temporary manager è leader quando sprona la squadra a ideare ed implementare soluzioni che siano coerenti con il modello di business dell’azienda.
Però, avverte Stefano, il temporary manager che esercita la leadership si preoccupa anche di continuare a comunicare il progetto. Ha la lucidità di modificare il piano d’azione in base ai cambiamenti di scenario. Si impegna costantemente a guidare il team per raggiungere gli obiettivi prefissati, riconoscendo le buone performance e intervenendo su quelle da migliorare.
Stefano specifica infine che, anche quando non è a livello apicale, un intervento di temporary management ha comunque impatti più o meno rilevanti anche al di fuori della funzione a cui è diretto. È per questo che il temporary manager si deve confrontare con gli altri leader. Deve tradurre per loro la rilevanza di quel cambiamento. In altre parole, deve identificare e veicolare perché quel cambiamento ha degli impatti positivi per le altre funzioni. Così diventa leader fra i leader.
Sprigionare la leadership negli altri
Nei progetti in cui è coinvolto, un temporary manager deve aiutare le persone dell’azienda cliente a trovare e sviluppare la loro leadership in modo tale che i risultati che si ottengono grazie al progetto di temporary management siano poi mantenuti nel tempo.
Ad esempio, gli interventi di temporary management possono svilupparsi in un contesto di passaggio generazionale e, proprio in queste situazioni, il temporary manager può affiancare il nuovo CEO nel diventare a tutti gli effetti leader dell’azienda che deve guidare.
Per Claudia e Stefano, fa parte del ruolo di temporary manager l’essere mentor ed in questo saper trasferire come essere leader. Questo perché un intervento di temporary management è, per definizione, temporaneo. Ci si deve quindi assicurare che la posizione di leader del cambiamento assunta dal temporary manager venga occupata da qualcuno che in azienda rimane. L’empowerment – che implica un aumento della consapevolezza delle proprie capacità- diventa dunque elemento distintivo del temporary manager.
Percinque: Temporary Management a servizio delle aziende
Per le aziende che intendono ingaggiare un Temporary Manager per raggiungere obiettivi ambiziosi e realizzare progetti anche complessi, Percinque mette a disposizione una squadra completa con competenze manageriali differenziate, grazie a un network di professionisti con grande esperienza nell’affiancare le aziende verso il successo.
*Claudia Poli è partner di Percinque. Per meglio ricoprire il ruolo di temporary manager si è diplomata coach e counselor relazionale. Ha ricoperto il ruolo di COO in contesti complessi multi business, con plant produttivi in Italia e all’estero. Ha condotto team multi culturali e strutturato organizzazioni matriciali complesse. Si è poi appassionata nel supportare le PMI nel passaggio generazionale, affiancandole nella sfida di perseguire la continuità dell’impresa allenando la squadra al cambiamento e miglioramento continuo.
**Stefano Maberino è un temporary manager con esperienza nelle funzioni di AD/CEO, Direttore Generale e Direttore Commerciale / Marketing in svariati settori di business, B2B e B2C. Ha maturato le competenze per guidare le aziende nei progetti di crescita incentrati sul cambiamento e nelle delicate fasi del passaggio generazionale.
Nota: In questo articolo vengono utilizzate le espressioni Leader, Manager, Imprenditore, Temporary Manager e simili in maniera neutra, cioè senza alcun riferimento al genere del manager, potendosi ovviamente trattare di un manager o imprenditore donna o uomo allo stesso modo.