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Cosa fa un CEO e che significato ha svolgere questo ruolo oggi?

Cosa fa un CEO (acronimo di Chief Executive Officer – in italiano, Amministratore Delegato), il significato e l’evoluzione di questo ruolo sono il tema centrale di questo articolo. In realtà, l’obiettivo non è solo quello di fornire una descrizione esaustiva delle attività che svolge un Amministratore Delegato. Ciò che ci si propone è di suggerire degli spunti di riflessione che possano essere utilizzati come chiavi di lettura per comprendere che cosa richiede ed implica essere CEO in un’azienda.

Cosa fa un CEO e che significato ha svolgere questo ruolo oggi?

A tal proposito, abbiamo parlato con tre professionisti che hanno esercitato o esercitano il ruolo di Amministratore Delegato: Elisabetta Mainetti*, Francesco Brevi** e Giovanni Bordin***.Quanto segue è frutto degli interessanti dialoghi e confronti avuti con loro sulla professione di CEO e delle riflessioni che le loro parole hanno fatto scaturire.

Cosa fa un CEO

In un’azienda, tutti sanno chi è l’Amministratore Delegato. Forse, però, non tutti saprebbero rispondere con altrettanta facilità se interrogati su che cosa fa e cosa significa svolgere questo ruolo.

Ciò che è evidente del lavoro di questa figura apicale sono risultati e decisioni. Ma come si è giunti a prendere quelle decisioni o ad ottenere quei risultati è meno chiaro, se non a pochi. Infatti, chi esercita il ruolo di CEO è spesso avvolto da un alone di mistero.

Cosa significa dunque esercitare il ruolo di CEO?

Conoscere e apprendere

Essere CEO richiede competenza, dice Elisabetta. Questa è il frutto della capacità di apprendere continuamente e della volontà di conoscere, sempre di più. Per questo, suggerisce Francesco, l’Amministratore Delegato deve vivere anche al di fuori dell’azienda: per essere esposto a quelle che sono le dinamiche del contesto in cui l’organizzazione opera. Deve essere aperto a raccogliere punti di vista diversi. Li deve valorizzare, farne tesoro.

Per un CEO, è dunque fondamentale conoscere.  E dimostrare di conoscere, aggiunge Elisabetta, perché, nonostante negli ultimi anni ci sia stato un progresso relativamente alla parità di genere, ancora oggi, per affermarsi in questo ruolo, le donne devono dimostrare di padroneggiare la materia.

Ci vogliono anche empatia e spirito pratico

Ma conoscere non basta: l’empatia è un elemento chiave dice Elisabetta. Giovanni la chiama capacità relazionale. Comprendere gli altri, le loro esigenze ed aspettative è cruciale per fare il CEO. Per questo, un Amministratore Delegato, suggerisce Francesco, deve essere in ascolto.

Inoltre, chi è CEO agisce, fa. Elisabetta individua nello spirito pratico e nella capacità organizzativa multifunzionale ciò che non può mancare per ottenere risultati, mantenere un’azienda sana e renderla prospera. Giovanni contestualizza queste competenze in una delle attività principali che il CEO è chiamato a svolgere: guidare nella realizzazione della visione a lungo termine.

Action Plan

Fare da ponte fra strategia e operatività

L’Amministratore Delegato siede al tavolo del Consiglio di Amministrazione (CdA). Prende parte, dunque, all’elaborazione e allo sviluppo della strategia dell’azienda. Ma, il suo ruolo non si limita a questo. Con le parole di Giovanni, il compito del CEO è quello di tradurre e implementare il piano strategico definito dagli azionisti e, quindi, far accadere quanto previsto.

Il CEO è la figura che, nell’azienda, permette un costante collegamento fra il day by day e la visione a lungo termine. Dunque, lavora affinché fra questi due piani ci sia quel livello di coerenza necessario a far sì che l’organizzazione sia competitiva oggi e lo possa essere anche nel futuro. L’Amministratore Delegato è il capitano della nave che dice al timoniere qual è la traiettoria da seguire, raffigura Francesco. In quelle aziende in cui i ruoli di CEO e di Direttore Generale sono in capo a due persone diverse, ci deve essere un canale di comunicazione costantemente aperto fra i due.

Dirigere l’orchestra

Un’azienda, anche di piccole dimensioni, ha una sua complessità. È costituita da un insieme di voci e da un intreccio di dinamiche. È per questo che un CEO, ci dice Elisabetta con una metafora, è come un direttore d’orchestra. Deve dirigere strumenti diversi, capirne e valorizzarne il potenziale.

Assumersi la responsabilità

Quello di CEO è un ruolo di responsabilità, concordano Elisabetta, Francesco e Giovanni. Sulle spalle dell’Amministratore Delegato c’è il dover garantire quegli obiettivi economici-finanziari che permettono all’azienda di esistere. Questa non è una responsabilità fine a se stessa, precisa Elisabetta. Far sì che un’azienda sia sana dal punto di vista economico e finanziario è il mezzo per generare benessere e sostenibilità per tutti gli stakeholder di un’organizzazione, in primis i dipendenti. Infatti, gli stakeholder, evidenzia Francesco, non sono solo gli azionisti, ma anche i dipendenti, la filiera, le comunità all’interno delle quali le aziende sono inserite.

La responsabilità di un CEO è quindi sulle persone. Questo è particolarmente importante per attrarre i talenti delle nuove generazioni.

Fare i conti con la solitudine del ruolo

Per assolvere a questa responsabilità, il CEO deve prendere decisioni. Il processo decisionale è collettivo: implica confronti e il coinvolgimento di diverse figure aziendali. Ma, alla fine, spiega Giovanni, chi deve prendere la decisione è l’Amministratore Delegato. È in occasioni come questa che emerge una delle dimensioni caratterizzanti di questo ruolo: la solitudine.

 

La carica di Chief Executive Officer presenta dunque diverse sfaccettature. Ogni Amministratore Delegato le interpreta, percepisce ed estrinseca secondo il suo approccio. E non solo. Con il passare del tempo, ne scopre di nuove, potenzia quelle esistenti e abbandona quelle che non ritiene più necessarie. Come si esegue la funzione di CEO, quindi, cambia.

L'evoluzione del ruolo del CEO

Imparare a essere CEO

Un articolo di Harvard Business Review del 1996 (Farkas e Wetlaufer; 1996) propone un’interessante visione. L’offerta di corsi specifici per imparare a ricoprire molti dei ruoli nelle organizzazioni è abbondante. Altrettanto non lo è quella per diventare CEO. Come si impara allora ad essere Amministratore Delegato di un’azienda? Attraverso l’esperienza, suggeriscono Farkas e Wetlaufer, e della stessa opinione sono anche Elisabetta, Francesco e Giovanni. Ma, Francesco specifica che l’apprendimento dalla sola propria esperienza può essere rischioso. Integrarlo con l’osservazione attenta di ciò che fanno altri CEO è fondamentale.

Dunque, l’esperienza propria e quella degli altri sono ciò che fa la differenza. L’esperienza è per sua natura in continua evoluzione. Proprio per questo, non sorprendentemente, nell’esercizio del ruolo, il CEO matura ed evolve.

L’evoluzione del ruolo di CEO

Se da una parte, dunque, l’evoluzione riguarda ogni singola persona che svolge questo ruolo, dall’altra, l’evoluzione, negli anni, è del ruolo stesso, a prescindere dall’individuo che lo esercita.

Ciò che accade al di fuori delle organizzazioni ha un impatto su ciò che accade al loro interno e viceversa. In risposta al contesto esterno, quindi, le pratiche organizzative sono cambiate negli anni, e con loro il significato dei ruoli in azienda. Non fa eccezione quello di CEO. Rispetto a ieri, che cosa richiede l’essere Amministratore Delegato oggi?

Per rispondere, Giovanni ricostruisce l’evoluzione che ha avuto l’approccio a questo ruolo dal suo punto di vista. Se, negli anni ’80 e ’90, dominava l’esercizio dell’autorità, a essa si è aggiunta fino alla prima decade degli anni 2000, l’autorevolezza. Due ingredienti questi necessari ma non sufficienti negli anni a seguire. La capacità di coinvolgere è diventata essenziale per riuscire a guidare le organizzazioni nel fare propria l’abilità di cambiare in modo continuativo e sostenibile. Nel mentre, per rendere le organizzazioni in grado di stare al ritmo incalzante dell’innovazione e del dinamismo del mercato, è stato necessario introdurre un altro elemento: il pensiero laterale. Infine, conclude Giovanni, oggi l’empatia non può mancare: essere CEO implica essere a servizio della struttura, a servizio dei professionisti che, con il loro lavoro quotidiano e le loro competenze, rendono ciascuna organizzazione ciò che è.

Francesco aggiunge a questo “mix” un altro ingrediente: la sensibilità geopolitica. Oggi più di ieri, un CEO deve guardare fuori, essere ricettivo nel cogliere le dinamiche esterne e porre un’attenzione particolare ai rischi, più che alle opportunità.

CEO e Temporary Management

Potrebbe sorgere spontanea la domanda: perché chi sviluppa progetti di Temporary Management dovrebbe essere particolarmente interessato a comprendere le varie sfaccettature di ciò che implica essere Amministratore Delegato di un’azienda?

Dalle interessanti considerazioni proposte da Elisabetta, Francesco e Giovanni è chiaro che esercitare il ruolo di CEO comporta la gestione di una complessità volta a far sì che l’organizzazione proceda sicura nel proprio percorso di sviluppo. Questo è anche il fine di un intervento di temporary management.

Infatti, ciò che condividono temporary manager e CEO è la volontà di potenziare l’azienda, di valorizzare le risorse che ci sono al suo interno, di renderla efficace oggi per affrontare al meglio il domani.

La collaborazione fra temporary manager e Amministratore Delegato è quindi essenziale. Facilitare questo gioco di squadra è compito di ogni temporary manager. Come farlo? Mettendosi nei panni dell’altro, in primis. Ecco, quindi, che comprendere la complessità di essere CEO e mettersi a servizio del suo ruolo sono elementi essenziali per far sì che un intervento di temporary management supporti con successo la declinazione operativa della strategia aziendale.

Percinque: Temporary Management a servizio delle aziende

Per le aziende che intendono ingaggiare un Temporary Manager per raggiungere obiettivi ambiziosi e realizzare progetti anche complessi, Percinque mette a disposizione una squadra completa con competenze manageriali differenziate, grazie a un network di professionisti con grande esperienza nell’affiancare le aziende verso il successo.

*Elisabetta Mainetti è Socia di Percinque e ricopre il ruolo di Amministratore Delegato presso un’altra società da diverso tempo.

**Francesco Brevi è stato Amministratore Delegato. Oggi opera come Temporary Manager e collabora con Percinque.

***Giovanni Bordin è Socio e Amministratore Delegato di Percinque. Negli ultimi vent’anni, tra i vari incarichi assunti in diverse aziende, ha ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato in altre due società.

 

Nota: In questo articolo vengono utilizzate le espressioni Manager, Imprenditore, Temporary Manager e simili in maniera neutra, cioè senza alcun riferimento al genere del manager, potendosi ovviamente trattare di un manager o imprenditore donna o uomo allo stesso modo.

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