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Fondi di private equity: una chiave per la crescita aziendale

Sempre più spesso sentiamo di aziende acquisite o vendute da/a fondi di private equity o che alcuni rami d’azienda di un grande gruppo industriale sono stati ceduti dall’istituzione finanziaria recentemente entrata nel capitale del gruppo.

In questo articolo cercheremo di capire meglio cosa sono questi PE Funds e come stanno influenzando l’attuale panorama economico italiano, grazie anche al contributo di Sergio Vinci*, uno dei soci di Percinque, che ha vissuto direttamente numerose esperienze di operazioni che coinvolgevano i fondi e le relative SGR, sia nel ruolo di manager che di consulente.

I fondi di Private Equity

Ma cosa sono i fondi di private equity?

Secondo il portale Investor.gov della Security and Exchange Commission (SEC) americana essi sono dei veicoli di investimento in cui le Società di Gestione del Risparmio (SGR), in qualità di Advisor, riuniscono il denaro investito nel fondo da investitori istituzionali e da grandi investitori privati accreditati e lo utilizzano per effettuare investimenti per conto del fondo stesso. In altre parole, attraverso di essi, le SGR acquisiscono delle aziende e ne gestiscono la crescita del valore per un certo periodo di tempo con il fine di cederle per ottenere il miglior ritorno sull’investimento.

A differenza dei fondi comuni di investimento o degli hedge fund, tuttavia, le società di private equity si concentrano spesso su opportunità di investimento a lungo termine, cioè in attività che richiedono tempo per essere vendute, con un orizzonte temporale di investimento generalmente di 5-10 o anche più. Inoltre, influenzano fortemente la governance e la gestione delle aziende acquisite per poterle portare a compiere la mission del fondo stesso, cioè la crescita di valore.

Diversamente dal venture capital, i fondi di private equity raramente investono in start-up, preferendo realtà più consolidate e spesso di grandi dimensioni.

Quando nascono i fondi di PE?

I fondi di PE nascono negli anni Quaranta del Novecento negli Stati Uniti con il famoso American Research and Development Fund di Georges Doriot, ma è negli anni Ottanta del secolo scorso che il fenomeno del PE esplode. Un periodo, questo, caratterizzato da clamorosi e spesso spregiudicati interventi di leveraged buy-out, come ben descrive il best seller del 1989 Barbarians at the Gate: The Fall of RJR Nabisco di Bryan Borrough e John Helyar.

Oggi le cose sono molto cambiate, come vedremo, e i fondi di PE sono visti come uno strumento chiave nello sviluppo e nel rinnovamento delle aziende. Per esempio, solo in Italia, nel 2023 sono state effettuate 406 operazioni che coinvolgevano fondi di private equity (fonte: Private Equity Monitor della LIUC Business School) per un valore di 8,16 miliardi di euro (fonte: Focus Risparmio).

Di seguito diamo una rappresentazione grafica della tipica struttura dei fondi di private equity.

La struttura dei fondi di private equity

Come operano i fondi di private equity?

Sergio Vinci sottolinea come si debba distinguere tra fondi speculativi e fondi di medio/lungo termine per poter descrivere la strategia alla base dell’operazione di investimento.

Fondi speculativi

Questi interventi hanno una prospettiva temporale di breve termine (3-4 anni). L’obbiettivo dichiarato sin dall’inizio è quello di massimizzare il valore della partecipazione del fondo nell’azienda. Ciò avviene soprattutto attraverso la spinta a una crescita organica dell’azienda. Esempi di queste strategie sono:

  • Spinta allo sviluppo di settori e di nuovi mercati
  • Modifica e allargamento del portafoglio prodotti
  • Aumento della marginalità
  • Riduzione del cash flow
  • Riduzione degli investimenti per aumentare il valore aziendale
  • Riorganizzazioni aziendali
  • Ristrutturazioni delle operations

Fondi di medio lungo termine

Anche in questo caso i fondi di private equity mirano all’aumento del valore finale dell’azienda. Ma ora l’enfasi è posta sulla strategia attraverso la quale arrivare a questo obbiettivo. Tipicamente, ci dice Sergio, tali strategie mirano alla crescita inorganica dell’azienda e consistono nell’aggregazione di varie aziende in una nuova entità di dimensioni molto importanti e con posizione dominante nel proprio settore industriale. Nell’arco temporale di 8-10 anni, si crea valore attraverso le economie di scala, ma anche grazie alle sinergie e le complementarità delle aziende riunite.

Le specializzazioni dei fondi di private equity

Alcune società e fondi di private equity sono specializzati in una particolare categoria di operazioni. Sebbene il venture capital sia spesso elencato come un sottoinsieme del private equity, la sua funzione e le sue competenze lo distinguono e hanno dato origine a società di venture capital dedicate che dominano il loro settore. Altre specializzazioni del private equity sono:

  • Investimenti in crisi – NPL (non performing loan) – turnaround, cioè ci si specializza nell’acquisire aziende in difficoltà con esigenze finanziarie e/o organizzative critiche.
  • Crescita del capitale patrimoniale, per il finanziamento di aziende in espansione oltre la fase di start-up.
  • Specialisti di settore, in cui alcune società di PE si concentrano esclusivamente su operazioni nel campo della tecnologia o dell’energia, ad esempio.
  • Secondary buyout, che prevede la vendita di un’azienda di proprietà di una società di private equity a un’altra società di questo tipo.
  • Operazioni di scorporo o di incorporazione, che comporta l’acquisto o la vendita di filiali o unità aziendali.

Come è cambiata l’azione dei fondi di private equity?

Come si è detto, negli anni Ottanta il private equity non era molto ben visto dal mondo dell’economia e della finanza tradizionale. Si veda, ad esempio, questo articolo di Stephen Fraidin e Meredith Foster pubblicato nel Fordham Journal of Corporate & Financial Law. Il PE non era considerato capace di creare vero valore in assoluto (crescita aziendale organica). Riusciva solo a generare del valore per sé, tramite lo smembramento dei grandi e poco efficienti colossi industriali del tempo o tramite una crescita alimentata da un eccessivo indebitamento dell’azienda stessa.

Oggi i fondi di private equity sono maggiormente regolamentati sia dalle autorità di vigilanza (per es. la SEC americana) sia dallo stesso mondo della finanza (si pensi ai requisiti ESG che impongono alle aziende di tenere conto degli interessi degli stakeholder piuttosto che dei loro proprietari).

Inoltre, molte SGR sono cresciute moltissimo e hanno aggiunto al loro interno competenze e capacità di altissimo livello. Altre si sono superspecializzate in alcuni settori industriali, offrendo servizi personalizzati e specifici per queste realtà,

Quando i fondi di PE hanno più successo?

In un articolo di Paul Nary e Aseem Kaul pubblicato nel 2023 in Academy of Management Review e intitolato Private Equity as an Intermediary in the Market for Corporate Assets, i due professori dimostrano come i fondi di private equity riescono oggi a creare del valore meglio di altri in quanto, oggi, essi, e non altri, sono in grado di sfruttare almeno una di queste situazioni:

  • Il valuation advantage: cioè hanno la capacità di individuare le aziende che sono attualmente sottovalutate dagli altri attori del mercato. Si tratta di essere in grado di valutare meglio il valore intrinseco di un’azienda nel momento in cui viene acquistata.
  • Il governance advantage: la capacità di portare a compimento gli investimenti a medio termine, aumentando così il valore intrinseco dell’azienda mentre è sotto la loro proprietà, tramite incentivi potenti che mira a correggere i problemi di governance e a ristrutturare le relazioni con gli stakeholder.
  • Il timing advantage: per il quale le SGR sono in grado di abbinare l’azienda a un proprietario più adatto in futuro rispetto a quello immediatamente disponibile. I fondi di PE hanno questo vantaggio perché possono aspettare a vendere l’azienda fino a quando il miglior acquirente potenziale è pronto a comprare.

I fondi di Private Equity in Italia

Che ruolo ha il private equity nell’economia italiana, in particolare per le PMI?

Sergio Vinci è convinto che sicuramente i fondi di private equity hanno svolto un ruolo molto importante nella stabilizzazione e consolidamento di quel tessuto di medio/piccole aziende che caratterizza la nostra economia. Lo hanno fatto attraverso quei processi di aggregazione di aziende ma anche attraverso il supporto finanziario ad aziende in difficoltà e fornendo loro degli strumenti di pianificazione e visione che mancavano agli imprenditori.

Sergio puntualizza, però, che in alcune situazioni, l’entrata del private equity può aver snaturato un poco l’azienda in termini di visione imprenditoriale, di presidio del mercato e di strategia. Infatti, i fondi portano in azienda obbiettivi molto più concreti e immediati e certamente meno visionari e di lungo termine dell’imprenditore/proprietario.

Il Temporary Management a servizio del private equity

Anche qui, Sergio Vinci ci offre il suo contributo, forte delle sue esperienze sul campo sia nel ruolo di manager di azienda acquisita che di temporary manager che lavora per fondi di private equity.

Ogni intervento di PE è da considerarsi un momento di discontinuità aziendale, di change management, area in cui l’interim management funziona particolarmente bene (sul tema, si veda il nostro articolo qui).

Dal punto di vista della società in vendita

L’imprenditore non ha, normalmente, esperienza diretta di situazioni quali la preparazione organizzativa e operazionale dell’azienda, la due diligence, le trattative con i fondi etc. Il temporary manager porta in azienda questa esperienza, la mette operativamente a disposizione dell’imprenditore, soprattutto quando posizionato vicino alla governance, nell’area amministrativa/finanziaria. Questo ruolo non può essere certamente svolto dall’eventuale Advisor scelto, perché ad esso manca la conoscenza diretta delle cose e il collegamento operativo con l’azienda. Piuttosto, il TM svolgerà tutta quelle attività di coordinamento interno verso l’Advisor e poi durante la due diligence. È questo un ruolo perfettamente definito e limitato nel tempo, caratteristiche tipiche del temporary management.

Dal punto di vista dei fondi di private equity

Il temporary management è uno strumento utile, soprattutto nella fase post-acquisizione. Chi ha investito, ha necessità di avere all’interno dell’azienda delle persone che siano in qualche modo in discontinuità con la proprietà precedente e che possano, quanto meno a livello amministrativo/finanziario, “presidiare i numeri” e riportare accuratamente e oggettivamente al fondo l’andamento aziendale e il rispetto degli obbiettivi da esso fissati. Questo ruolo può essere perfettamente assunto da un temporary manager come abbiamo già visto in questo articolo.

Durante il processo di Mergers & Acquisitions

Il Temporary manager, nelle varie fasi del processo di M&A, può operare da coordinatore dell’operazione agendo da ponte tra la cultura imprenditoriale che ha fatto crescere e prosperare l’azienda fino alla vendita e la nuova cultura manageriale che punta all’ottimizzazione dei processi e allo sviluppo a doppia cifra. In questo modo l’azienda può valorizzare il patrimonio di persone e prodotti esistenti in una forma adatta ad affrontare sfide più complesse ed internazionali.

A copertura dei vuoti manageriali

Infine, il temporary management può offrire un supporto fondamentale nel coprire rapidamente ed efficacemente quei ruoli di alto profilo che spesso mancano nelle aziende acquisite (soprattutto per le PMI). I TM mettono immediatamente a disposizione delle aziende le loro competenze in modo da portare avanti quei processi di crescita organica e inorganica caratteristici di queste situazioni.

Percinque: Temporary Management a servizio delle aziende

Per le aziende che intendono ingaggiare un Temporary Manager per raggiungere obiettivi ambiziosi e realizzare progetti anche complessi, Percinque mette a disposizione una squadra completa di professionisti con competenze manageriali differenziate, grazie a un network di manager con grande esperienza nell’affiancare le aziende verso il successo.

 

*Sergio Vinci è socio fondatore di Percinque e ha ricoperto e ricopre la carica di Amministratore delegato in diverse società.

 

Nota: In questo articolo vengono utilizzate le espressioni Manager, Imprenditore, Temporary Manager e simili in maniera neutra, cioè senza alcun riferimento al genere del manager, potendosi ovviamente trattare di un manager o imprenditore donna o uomo allo stesso modo.

 

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