La psicologia ci mette in guardia sul fatto che l’esercizio di ogni professione ha degli impatti significativi sulla persona: non fa eccezione il lavoro di temporary manager.
Cos’è essere temporary manager? È essere in risonanza con un ambiente organizzativo un giorno, e il giorno dopo esserlo con un altro. È essere sempre sul pezzo. È fare, ascoltare, restituire.
Le riflessioni che condividiamo in questo articolo oltre che basarsi, come sempre, sull’esperienza, strizzano anche un occhio alla psicologia e alla sociologia applicate alle organizzazioni.

Nonostante ci siano diverse modalità di ingaggio (fractional, full time), crediamo che ci sia un “sentire” comune in questa professione.
In questo articolo, riportiamo il nostro percepito in quanto crediamo fortemente che svolgere questa professione non sia banale e implichi un certo livello di complessità e vorremmo rendere più visibile i lati più nascosti, ma non per questo meno importanti, di questa professione.
Scomodando uno dei gruppi che ha fatto la storia della musica, è “under pressure” anzi, “under different pressures”, che opera un temporary manager.
Under pressure for… essere attivatore di cambiamento e in costante performance
In Percinque, una delle competenze più importanti che ricerchiamo nei temporary manager che collaborano con noi è saper essere guida al cambiamento. Definiamo questo come “la capacità di guidare persone e organizzazioni verso il cambiamento e la trasformazione, mantenendo il focus sia verso il cliente sia sul team di progetto”. Competenza non banale e non priva di impatti. I progetti di temporary management non avvengono sempre in un ambiente favorevole al cambiamento. E, come se non bastasse, se oggi un cambiamento è avvenuto, domani è necessario rimboccarsi le maniche per attivarne un altro. Il temporary manager è dunque in constante modalità di performare al meglio e con attenzione, senza potersi permettere di “mollare”.
Tutto questo è tanto stimolante quanto impegnativo ed energivoro.

Under pressure for… essere uno, nessuno e centomila
Quale è il ruolo del Temporary Manager? Non (solo) un manager dell’azienda, non (solo) un consulente, non un dipendente ma una voce indipendente che però deve agire considerando le variabili del contesto organizzativo in cui opera con molta accuratezza e velocità. In sintesi, un Temporary Manager deve saper agire e portare risultati indossando tanti cappelli diversi, calzandoli nel momento giusto e con la modalità corretta.
Per chi decide di diventare temporary manager c’è un cambio importante in termini di identità professionale (per qualche spunto, è interessante questo articolo di Herminia Ibarra, che, così come fa la psicologia, tiene il focus sull’individuo). A questo, si aggiunge il fatto che questa identità professionale deve assumere diverse sfumature in base alla tipologia di progetto, di azienda, di cultura organizzativa.
Under pressure for… conquistare autorevolezza senza poter contare sull’autorità data dal ruolo
Altro aspetto da non sottovalutare: essere un temporary manager significa uscire dalla logica del potere dato dal titolo aziendale ed entrare in una dimensione di “potere” che va conquistato e mantenuto continuamente. Il temporary manager può esercitare il potere di far accadere le cose ma deve convivere con l’impatto psicologico della precarietà di questo potere. Infatti, non ha un potere conferito e formalmente riconosciuto, ma deve comunque esercitarlo e allo stesso tempo convivere con una forma di instabilità: il suo potere è limitato al tempo del progetto.
Deve investire energie nel conquistarsi la leadership all’interno dell’azienda e, una volta conquistata, non è detto che quella leadership permanga.

Getting the pressure off (almeno un po’) con Percinque
In Percinque, conosciamo bene cosa significa esercitare la professione di temporary manager (e non sottovalutiamo ciò su cui la psicologia ci mette in guardia): lavorare a progetto e, in alcune occasioni, in contesti aziendali che stanno affrontando un momento di difficoltà non è semplice.
Per questo siamo spinti dalla volontà di creare soluzioni e opportunità affinché queste diverse “pressioni” diventino meno intense e più sostenibili.
Ad esempio, ogni nostro progetto è costituito da una squadra di almeno due persone: un temporary manager e un capo progetto. Questo ovviamente assicura un aumento della qualità per i clienti che ci scelgono. Ma, se ci si pensa bene, questo ha un grande impatto anche sui manager coinvolti. Ogni manager ha un collega con cui condividere la gestione di alcune situazioni complesse, con cui identificare le soluzioni migliori per risolvere le criticità, e con cui confrontarsi.
Crediamo che la condivisione sia un’opportunità di crescita, non faccia “sentire soli”, sia una delle modalità che permette a tutti noi di svolgere il nostro lavoro meglio. Ecco perché organizziamo momenti di incontro e confronto che facilitano lo scambio di idee, di riflessioni, del “sentire” di cui abbiamo parlato in questo articolo.
Sappiamo che queste soluzioni non eliminano le varie “pressioni” che caratterizzano la professione del temporary manager e sappiamo anche che queste possono essere migliorate. Vogliamo continuare a lavorare in questa direzione perché chi è temporary manager non è un supereroe (anche se deve avere dei poteri – ovvero delle capacità – ben sviluppati – come scriviamo in questo articolo).
Parte fondante della nostra professionalità è considerare i professionisti con cui collaboriamo non solo come professionisti ma, prima di tutto, come persone.
Nota: In questo articolo vengono utilizzate le espressioni Manager, Imprenditore, Temporary Manager e simili in maniera neutra, cioè senza alcun riferimento al genere del manager, potendosi ovviamente trattare di un manager o imprenditore donna o uomo allo stesso modo.